mercoledì 3 aprile 2013

Il senso di te


I racconti evangelici di questa settimana narrano invariabilmente tutti lo stesso fatto: la Resurrezione di Gesù. L'insistenza rivela l'importanza, la centralità che questo evento riveste nell'economia della storia della salvezza e questi racconti sono lì per aiutarci a scoprire il senso profondo della tomba vuota.
Dico senso, e non ragione, per evitare il pericolo di imboccare un cammino squisitamente razionale e per poter esplorare tutta la gamma di sensazioni, emozioni, percezioni di cui i racconti evangelici sono ricchissimi. Quelli della Resurrezione non fanno eccezione.
Gesù risorto appare, viene visto, intuito, parla, viene ascoltato e viene toccato, abbracciato. Essere testimoni di Gesù significa, innanzitutto, aver incontrato Gesù, avere fatto esperienza diretta, "fisica" della sua presenza.
Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi (1GV 1, 1-3).
L'inizio dell prima lettera di Giovanni non lascia spazio ad equivoci e interpella noi missionari ad un serio esame di coscienza. L'annuncio si fonda su una testimonianza, altrimenti non è annuncio, ma conversazione da intrattenimento o, nella migliore delle ipotesi un reportage con uno spessore culturale più o meno pronunciato. Non annunziamo una dottrina, ma presentiamo una persona che abbiamo incontrato, conosciamo bene e di cui, davanti al mondo intero, possiamo garantire.
Davvero ci è così difficile rinverdire le occasioni in cui, nella nostra vita, possiamo aver incontrato il Risorto? In una pagina della Scrittura? Magari in un momento di particolare silenzio? Nella contemplazione di qualcosa di estremamente bello? O, forse, nelle parole o nei gesti di qualche persona che attraverso un gesto di bontà, perdono, misericordia... o anche dolore, ci ha rivelato il senso profondo di quanto in questi giorni celebriamo.

martedì 2 aprile 2013

Vatican fashion

Temo che non sarà così semplice per Papa Francesco imporre uno stile diverso al suo ministero e alla chiesa intera, privilegiando la spontaneità e la sobrietà a discapito del rigido formalismo del protocollo. I fanatici del Vatican style, rigorosamente firmato, stanno alla finestra e guardano attenti, limitandosi per ora a sparare qualche estemporanea bordata dai siti cattolici più tradizionalisti e integralisti.
Benedizioni approssimative, meno insistenza ossessiva sull'uso del latino, mozzetta e stola ornata nuovamente in solaio, croce di ferro invece di una "più dignitosa croce d'oro"... E che dire di quel chinarsi a lavare i piedi ai detenuti, fra cui due donne, una di esse musulmana... una discesa precipitosa verso il baratro del peggio. Avremo a che fare con un papa "piacione"?
Dicano quel che vogliono, verrebbe da dire: noi ci teniamo il nostro papa "casual", così vicino alla gente e così lontano da un'etichetta ormai datata e da molti non capita, così a suo agio in mezze a folle oceaniche che lascerebbero presagire una nuova primavera di fervore religioso. Allo stesso tempo, tutti noi, attratti da questo vento rinfrescante di un papa che torna nelle strade, a stringere mani e distribuire abbracci, non perdiamo l'occasione di riflettere con pazienza sul nostro cammino di fede, sulle sue esigenze, sul valore della testimonianza che ci viene richiesta. Sarà il nostro atteggiamento nei confronti della realtà, di Dio e degli altri a dare il vero frutto a questo rinnovato stile di pontificato e a dirci, nel futuro, se sarà stato un valido strumento di Nuova Evangelizzazione.

lunedì 1 aprile 2013

Papa Internazionale

La copertina di Internazionale

Ho notato con un certo piacere che nell'ultimo numero della rivista Internazionale svariati lettori se la sono presa per come, nel n. 992 del 22 marzo, è stata trattata l'elezione di Papa Francesco.
Non potendo probabilmente cavalcare l'onda della notizia di agenzia, Internazionale ha preferito concentrarsi su alcuni approfondimenti legati ai discussi legami dell'allora padre Bergoglio con esponenti della dittatura argentina (in particolare i generali Massera e Videla). Il taglio dato era quanto meno di parte e soprattutto stridente se si considera la pressoché totale assenza di analisi del fatto in sé, dell'elezione di un pontefice in generale e dell'Arcivescovo di Buenos Aires in particolare. Nulla vieta di pubblicare inchieste anche scomode, ma stupisce come l'evento non abbia meritato un giro leggermente più ampio di opinioni internazionali, con quella competenza e quella apertura che rende Internazionale una rivista davvero speciale e, nonostante tutto, da leggere sempre.