venerdì 12 luglio 2013

Aspettando Soulik

In una delle lingue della Micronesia il termine "Soulik" definisce il capo, il leader. Nome appropriato per il tifone che si sta avvicinando alle coste di Taiwan. Non ho mai vissuto l'esperienza di un tifone e sono contento di poterlo fare al riparo dagli eccessi delle intemperie, insieme a una rassicurante compagnia di missionari che già hanno vissuto esperienze simili.
Soulik è forte, continua a ripeterlo la radio locale ed insistono nel farlo vedere i diagrammi delle previsioni del tempo televisive. I prezzi salgono, soprattutto quelli della verdura, prodotto deperibile di cui domani, dopo che Soulik sarà passato, si sentirà la mancanza. Pare che il vento soffierà a 200 chilometri all'ora e ci saranno piogge torrenziali in grado di fare danni. Non a Tapei, forse, dove da tempo ci si sta preparando pulendo fogne, tombini e canali. La popolazione ha imparato a sopravvivere a questa realtà dei tifoni, che colpiscono l'isola con frequenza, anche se, per fortuna, con diversa intensità.
Ieri il tempo è stato splendido: l'aria pulita, un sole caldissimo, il cielo di un azzurro accecante. Mi spiegavano che il tifone fa così: si prepara il terreno prima di scaricare il suo oceano di pioggia.
Penso con una certa apprensione a chi può non trovare un riparo adeguato, alle emergenze che questa situazione potrà provocare... Prego il Signore che Soulik se ne vada da vero leader, incutendo rispetto e risparmiando i deboli. Domani mattina a Taipei sarà già tutto finito, ma il tifone esaurirà la sua corsa soltanto sulle coste della Cina, già piegata in questi giorni dalla rterribile situazione di maltempo che ha colpito la regione del Sichuan. Staranno anche loro attendendo Soulik, con la segreta speranza che passi come un leggero soffio di vento.

lunedì 1 luglio 2013

Un ricordo che sbiadisce

Martedì scorso, 25 giugno, si è celebrato il 63° anniversario dell'inizio della guerra di Corea, data resa particolarmente significativa quest'anno, in quanto segue di poche settimane il difficile periodo fatto di provocazioni e minacce di ritorsione vicendevolmente fra il Governo di Pyongyang, gli Stati Uniti, Seoul e i loro alleati nella zona Asia Pacifico. All'evento è stata ovviamente data un'abbondante copertura mediatica, con articoli di approfondimento ed editoriali molto interessanti. Tra i vari articoli ne sottolineo due, pubblicati entrambi dal The Korea Herald, il principale quotidiano sudcoreano in lingua inglese.
Il primo, intitolato “Not forgotten” (non dimenticati), risale all'edizione del fine settimana precedente e  riportava la testimonianza di un ex prigioniero di guerra sud coreano, catturato nei giorni immediatamente precedenti la fine del conflitto e deportato in Corea del Nord dove è rimasto per decine di anni a lavorare forzatamente nelle miniere. Soltanto dopo un lungo periodo e tra mille peripezie è riuscito a ritornare al Sud e a ricongiungersi con ciò che restava della famiglia e degli amici di un tempo. Il racconto rivela un quadro impressionante ed ancora molto vivo di un paese diviso con il righello e senza misericordia dopo quello che è stato il più sanguinoso conflitto combattuto negli anni della "guerra fredda". Tre cose colpiscono di quell'articolo: la prima è la quantità delle persone coinvolte; un rapporto delle Nazioni Unite stima intorno alle 82 mila unità i soldati sudcoreani dispersi in azione di guerra, di cui molti si presume siano rimasti prigionieri di Pyongyang. Soltanto poco più di 8 mila sarebbero coloro che sono stati restitutiti dalla Corea del Nord e hanno potuto fare ritorno al Sud. Secondo, l'incapacità della diplomazia di liberare queste persone che, di fatto, si sono costruite loro malgrado una nuova esistenza sotto il regime nordcoreano. Infine, l'impatto di questi reduci una volta liberati, con una patria completamente cambiata e che era stata loro descritta come un inferno in terra dalla propaganda del regime. Lo shock emotivo e culturale di chi riesce ad attraversare la frontiera e raggiungere Seoul è un qualcosa di veramente impressionante, che richiede un lungo periodo di accompagnamento psicologico.