giovedì 16 gennaio 2014

Abbiamo bisogno di uno sviluppo umano

Domenica 19 gennaio la Chiesa celebrerà La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che avrà per tema:  "Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore". Per l'occasione Papa Francesco ha, seguendo l'esempio dei suoi predecessori, pubblicato il consueto messaggio clicca qui.
Qui di seguito è pubblicato uno stralcio del recente volumetto del cardinal Óscar Andrés
RodríguezMaradiaga, "Senza etica niente sviluppo". Arcivescovo di Tegucigalpa, presidente della Conferenza episcopale dell'Honduras e di Caritas Internazionalis,  Óscar Maradiaga  fa parte del gruppo degli otto "saggi" che assiste padre Francesco nello studio della riforma della Curia e, più in generale, delle politiche di governo della chiesa.
«I migranti sono degli esclusi totali, che hanno perso addirittura il diritto alla territorialità. Ogni giorno migliaia di persone rischiano la vita per cercare località più propizie alla loro sopravvivenza. Lo fanno perché ormai non hanno più nulla da perdere (...) Per cambiare questo stato di cose, bisogna superare la posizione di coloro che interpretano la parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro applicando una logica perversa: rifiutano di aumentare il numero dei commensali e pensano invece che Epulone debba mangiare di più e meglio, con la certezza che aumenterà anche il numero e la qualità delle briciole che potranno essere raccolte dai poveri Lazzaro del sottosviluppo, dell'indigenza e dell'esclusione.
Come chiesa abbiamo cercato di richiamare l'attenzione sul muro fra ricchi e poveri, ma non siamo ancora riusciti a smuovere gli stati e le grandi organizzazioni che reggono la società internazionale.
Abbiamo bisogno di uno sviluppo umano davvero sostenibile e di un mondo in cui tutti possano vivere dignitosamente. Perciò ogni modello di società e ogni aspirazione collettiva deve avere chiaro il posto che occupa l'uomo nel suo disegno».
(Óscar Maradiaga, Senza Etica niente sviluppo, Emi, Bologna 2013, pp. 58s.)


mercoledì 15 gennaio 2014

Contro il logorio della vita moderna: 10 Consigli di Giuseppe Allamano (1)

Cercate Dio solo e la sua santa volontà

I dieci consigli contro il logorio della vita moderna, che a partire dal mese di gennaio e per tutto l’anno Missioni Consolata vi propone, sono anche conosciuti come “I dieci comandamenti” dell’Allamano. Nati dalla creatività pastorale di Mons. Luis Augusto Castro (attualmente Arcivescovo di Tunja, Colombia) essi riassumono in poche parole il pensiero del nostro Fondatore. Sicuramente la sintesi che ci propongono non è assolutamente esaustiva e alcuni, di fatto, li considerano poco più che degli slogan. Del resto, come potrebbero dieci frasi esaurire il pensiero di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita all’apostolato diocesano e alla missione? Sono però dieci passwords che colpiscono per la loro brevità ed immediatezza ed offrono una chiave di accesso all’umanità e alla spiritualità di un santo prete come fu senza ombra di dubbio Giuseppe Allamano. Va detto inoltre che lo spirito di questi brevi articoli non è tanto quello di spiegarne il pensiero quanto quello di partire da alcuni suoi spunti per offrire una scintilla di spiritualità missionaria che possa illuminare la nostra quotidianità.
«Contro il logorio della vita moderna» era il motto che reclamizzava anni fa un noto liquore digestivo. La vita contemporanea non ha certamente diminuito l’impatto devastante sui nostri sistemi gastrici, né ha contribuito a migliorare la qualità delle nostre relazioni. Va da sé che, forse, il nostro logorio esistenziale va affrontato con qualcosa di diverso, più radicale, che tocchi alla radice il malessere del quotidiano che in molti modi ci sfida e impedisce di raggiungere la serenità nella quale vorremmo essere immersi. Fermo restando che la perfetta felicità è un obiettivo che raggiungeremo a tempo debito, viene da chiedersi se, in materia spirituale, sconfiggere le amarezze con qualcosa di amaro sia il rimedio più adatto.

lunedì 6 gennaio 2014

Le stelle possono indicarti la strada

Adorazione dei Magi, Cappella Casa Beato Allamano, Castelnuovo Don Bosco (AT)
"Le stelle possono indicarti la strada, ma solo tu decidi la meta". Lo confesso, è una frase da cioccolatino, ma con un messaggio squisitamente in tema con la festa dell'Epifania.
Il tempo di Natale prevede la contemplazione di due viaggi: quello di Dio verso l'uomo e quello dell'uomo con Dio.
I Magi seguono la stella, ma hanno già nel cuore la meta. Ancora non conoscono la fine del loro viaggio, ma ne hanno ben chiaro "il fine". Dio li cerca, li chiama, li spinge ad uscire e, infine, li guida come un moderno navigatore satellitare, verso la destinazione prevista.
Ma è interessante evidenziare alcuni atteggiamenti dei Magi in risposta a questo invito. Prendo in prestito alcune suggestioni di padre Ermes Ronchi che sottolineano questa disposizione dei Magi alla sequela e ci aiutano a fare qualche riferimento all'oggi della nostra Missione.
Innanzitutto, i Magi si mettono in cammino, escono dai loro studi, dalle carte, dalla routine, osano qualcosa di nuovo che li mette sulla pista del Re dei Giudei. Il partire non è scontato, ma è necessario. Molte volte lo ipotizziamo, vorremmo che altri lo mettessero in agenda e poi con determinazione lo perseguissero; ma che si sia noi a dare vita ad un'iniziativa che esce dal consueto, dagli schemi, non sempre è cosa facile. I Magi ci aprono una finestra profetica e sapienziale sul mistero di Dio. E tutti sappiamo quanto oggi in Europa si senta il bisogno di aprire tali finestre.
"Svegliate il mondo!", ha detto Papa Francesco ai Superiori Generali degli Istituti religiosi; implicitamente era chiaro il messaggio bisogna essere già svegli se si vuole dare la sveglia a qualcuno. Per incontrare il Signore occorre "alzare gli occhi e guardare", muoversi, conoscere, incontrare... leggere, capire, perché il Signore lo si incontra nelle pieghe più svariate della storia. Chi cercava il Messia nei palazzi, nel tempio, nello sfarzo e nel culto, non poteva trovarlo. Bisognava seguire la stella per arrivare a destinazione: Betlemme, la stalla, la mangiatoia... Maria, Giuseppe e il loro povero amore.

domenica 5 gennaio 2014

Il viaggio di Dio

In Occidente siamo abituati a vedere la storia come una lunga linea retta che va dal punto A, il passato, a un punto B, il futuro. Diritta, senza interruzioni, scientifica, misurabile.
Esiste invece una circolarità della storia che ha molto a che vedere con il sentire e la coscienza di ciascuno, con l'esperienza personale che, sappiamo molto bene, è fatta di rallentamenti, dietro-front, capovolgimenti di fronte, deviazioni ... e si alimenta di sentimenti, passioni e percezioni che non sempre riescono a tradursi in una conoscenza limpida, concreta.
Quanto è lungo un giorno? Perché certe giornate sembrano essere tutte uguali, affondate nella routine, quando altre, al contrario, appaiono molto movimentate, al limite dello stressante... quando, a ben vedere, sono scandite da un'agenda tutto sommato abbastanza simile?
In fondo, noi missionari viviamo questa circolarità della vita, così ben espressa da un'aforisma di Thomas S. Eliot che mi piace sovente ricordare:
Non smetteremo di esplorare.
A. Rodin, La mano di Dio
E alla fine di tutto il nostro andare,
ritorneremo al punto di partenza
e lo conosceremo per la prima volta.
Ogni istante della nostra vita è sorgente di continue soste e ripartenze.
La storia della salvezza parrebbe rappresentabile con un'interrotta linea retta, che va dal momento originario della creazione alla fine dei tempi, alla redenzione. Tuttavia, la redenzione non è in realtà la ri-creazione dell'armonia degli inizi, prima del peccato? Tutta la storia della salvezza non è in fin dei conti la storia di un grande, eterno ritorno?