
Studiamo, leggiamo, preghiamo, ci fermiamo in meditazione orante davanti alla grotta, ma all’atto pratico, quando ci troviamo immersi nel nostro presepe quotidiano, quello di cui noi stessi siamo le statuette, facciamo fatica a cogliere ed abbracciare l’immensa grazia nel piccolo segno che ci viene dato.
Ce ne rendiamo conto quando riceviamo la confessione o la confidenza d’Avvento di qualche persona che si anima a venirci a parlare. Oppure, quando ci guardiamo allo specchio e pensiamo alla difficoltà che noi stessi incontriamo (ed è molto umano farlo) quando ci raffrontiamo al Natale e al suo mistero, alla sua anima provvidente, segno di un Dio che pianta i picchetti della tenda in mezzo al suo popolo per condividerne gioie e dolori, speranze, ansie, preoccupazioni e pericoli. Le mie gioie, le mie preoccupazioni…
Nello spirito del Magnificat il Natale è un’Inno alla speranza in Colui che dà voce e potere ai piccoli, anche se spesso ce ne dimentichiamo oppure non riusciamo a comunicarlo a chi, per varie circostanze, sente e vive il Natale come un tempo triste, di maggiore sofferenza e solitudine.
Oggi non stiamo affrontando dei tempi facili. Abbiamo un numero sufficiente di ragioni per mostrare pessimismo di fronte alle difficoltà che stiamo vivendo in questa nostra società. Siamo parte di un continente che non è certamente vergine in fatto di crisi socio-economiche, ma questa ci tocca direttamente, ci interpella… ad alcuni mette paura. Oggi si sta generando in Europa un’immensa sacca di nuovi poveri, persone che fino a poco tempo fa trovavano naturale e soprattutto e non impossibile onorare il mutuo che avevano contratto, che non facevano fatica ad arrivare alla fine del mese e che magari, oggi, devono iniziare a tendere la mano.
Gesù, quest anno, viene ad abitare i presepi di Europa e si incarna in mezzo a gente che si ritrova ad affrontare lo spettro di una povertà non scelta, ma imposta dalle circostanze, causata da una società esageratamente competitiva ed esclusivista, che relega al margine della strada tutti coloro che hanno meno opzioni, meno formazione, meno possibilità. La Spagna oggi ha più di quattro milioni di disoccupati, quasi il 10 per cento della sua popolazione. Il Portogallo vive una recessione tra le più nere della sua storia moderna e noi italiani... continuiamo a sperare che i tagli provocati dalle varie manovre si cicatrizzino in fretta.
Questa è l’Europa in cui Gesù nasce e che noi, come missionari/e, siamo chiamati oggi a rivitalizzare. Siamo noi i primi a dover credere che il germoglio spunterà nonostante la secchezza del legno, che dobbiamo continuare a parlare di Dio fino allo sfinimento a questo mondo che tende a dimenticarselo troppo facilmente. Ce lo dice Gesù stesso nei racconti del Natale: povero tra i poveri, migrante tra i migranti, rifugiato tra i rifugiati. Da lui viene il riscatto nel segno della contraddizione più scioccante e, allo stesso tempo, della novità.
Una delle regole del presepe napoletano classico è quella di “aggiornarsi”. Ogni anno la scena di Betlemme si arricchisce di un elemento nuovo, a significare la perenne novità del Natale nel contesto di chi la osserva. Quale statuina aggiungere questa notte nei nostri presepi per farci sentire la presenza rinnovatrice dell’Emmanuele, il Dio-con-noi che, a fronte di quanto stiamo oggi vivendo, ci richiama a vivere in maniera, rinnovata e coerente la nostra azione missionaria?
Nessun commento:
Posta un commento