
giovedì 27 giugno 2013
Godersi Incheon

domenica 23 giugno 2013
Le mamme di PSY
Sono le 4 del mattino; il jet lag continua a farsi sentire e a mischiare con sistematicità i miei ritmi biologici e le mie abitudini. Ci vorranno ancora un paio di giorni per acquisire completamente i ritmi di qua: aspettiamo. La levataccia di stamattina mi permette di iniziare la giornata immerso nel silenzio del quartiere che dorme, anticipando i rumori del lunedì lavorativo che porterà molto presto i coreani a scuola, o sul luogo di lavoro. Soprattutto, mi godo il silenzio, nell'attesa dell'ormai consueto altoparlante che pomperà, leggermente prima delle sei del mattino, un po' di sana vecchia disco music nelle mie orecchie ancora intorpidite dal sonno. Sono le signore coreane che si danno appuntamento del giardinetto di Yeokgok-dong, il quartiere di Incheon (nella grande Seoul), dove attualemte mi trovo. Sono loro a prendere decisamente possesso dello spazio pubblico, attrezzato con giochi per bambini, strumenti per la ginnastica degli adulti, un mini percorso atletico e uno spazio per giocare a calcetto, basket e soprattutto badmington. In tarda mattinata diventa lo spazio adatto alla conversazione dei nonni, al pomeriggio diventa patria dei bambini che corrono tranquilli sul tartan imbottito, alla sera degli adolescenti che giocano, chiacchierano e, a volte e con molta discrezione, amoreggiano un po'.
Al mattino però lo spazio è loro: casalinghe disperate, impiegate, figlie, mamme, e anche qualche nonna ancora pimpante iniziano la giornata scaricando tensioni e un po' di grasso, dimendandosi come facessero parte del corpo di ballo di PSY... alle sei del mattino. Ricordo quando, a Washington, nel campus della Catholic University, incontravo un bel gruppo di studenti orientali di differente provenienza che iniziavano l'approccio al nuovo giorno con le delicate movenze del tai-chi-chuan. Ne contemplevo la bellezza dei movimenti, l'armoniosità del combattimento mimato di quest'arte marziale "leggera" trasformata in ginnastica dolce.
Anche in questi corpi sudanti, che con meno grazia cercano di seguire il ritmo veloce della musica, c'è però di che contemplare: la voglia di vincere lo stress di una vita dura, fatta sovente di fatiche domestiche e professionali. In Corea si lavora duro per conquistare un posto al sole e ci si sforza altrettanto duramente per mantenere quanto si è riusciti a raggiungere. Le scuole sono selettive, i luoghi di lavoro tempi del confucianesimo votato alla produzione e al trionfo della compagnia.Alcune statistiche recenti hanno evidenziato come un alto numero di giovani coreani soffra di disturbi causati dal superlavoro e dallo stress, senza contare i disastri provocati da un'alimentazione non corretta che, purtroppo, tende a sostituire l'altrimenti sana alimentazione tradizionale. Insieme a questi fenomeni di carattere generale, le donne devono fare i conti con il maschilismo non proprio strisciante che pervade la vita familiare e sociale della Corea, che vanta oggi una Presidente della Repubblica donna (Park Geun-hye), ma anche moltissime situazioni di discriminazione di genere.
... e allora avanti, manca un'ora alla prima ondata di musica mattutina, giusto il tempo di andarsi a prendere un caffè e aspettare ben sveglio l'inizio di questa nuova settimaana: it's Yeokgok style!
Al mattino però lo spazio è loro: casalinghe disperate, impiegate, figlie, mamme, e anche qualche nonna ancora pimpante iniziano la giornata scaricando tensioni e un po' di grasso, dimendandosi come facessero parte del corpo di ballo di PSY... alle sei del mattino. Ricordo quando, a Washington, nel campus della Catholic University, incontravo un bel gruppo di studenti orientali di differente provenienza che iniziavano l'approccio al nuovo giorno con le delicate movenze del tai-chi-chuan. Ne contemplevo la bellezza dei movimenti, l'armoniosità del combattimento mimato di quest'arte marziale "leggera" trasformata in ginnastica dolce.
Anche in questi corpi sudanti, che con meno grazia cercano di seguire il ritmo veloce della musica, c'è però di che contemplare: la voglia di vincere lo stress di una vita dura, fatta sovente di fatiche domestiche e professionali. In Corea si lavora duro per conquistare un posto al sole e ci si sforza altrettanto duramente per mantenere quanto si è riusciti a raggiungere. Le scuole sono selettive, i luoghi di lavoro tempi del confucianesimo votato alla produzione e al trionfo della compagnia.Alcune statistiche recenti hanno evidenziato come un alto numero di giovani coreani soffra di disturbi causati dal superlavoro e dallo stress, senza contare i disastri provocati da un'alimentazione non corretta che, purtroppo, tende a sostituire l'altrimenti sana alimentazione tradizionale. Insieme a questi fenomeni di carattere generale, le donne devono fare i conti con il maschilismo non proprio strisciante che pervade la vita familiare e sociale della Corea, che vanta oggi una Presidente della Repubblica donna (Park Geun-hye), ma anche moltissime situazioni di discriminazione di genere.
... e allora avanti, manca un'ora alla prima ondata di musica mattutina, giusto il tempo di andarsi a prendere un caffè e aspettare ben sveglio l'inizio di questa nuova settimaana: it's Yeokgok style!
sabato 22 giugno 2013
Auguri Corea
25 anni non sono pochi: un quarto di secolo, un salto di generazione, un intervallo di tempo giubilare, in cui si disputano sei edizioni delle olimpiadi.
Oggi, un matrimonio che dura 25 anni va già considerato come traguardo significativo, mentre io sto ancora aspettando di celebrare le mie nozze d'argento con l'Istituto missionario a cui appartengo e a cui mi sembra d'appartenere da una vita.
La festa di oggi a Seoul, unita, posticipandola di qualche giorno, a quella della Consolata, è stata in realtà un grande grazie per questa fedeltà alla missione durata ben 25 anni.
Dal gennaio 1988 (i primi quattro missionari arrivarono nel pieno dell'inverno coreano) ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti, sotto forma di volti, incontri, luoghi. La chiesa piena di gente, le parole fraterne del Vescovo di Incheon, Bonifacio, i tanti religiosi presenti sono la testimonianza di una presenza che ha avuto la sua traettoria e che rimane ben viva.
La casa per il dialogo interreligioso a Daejeong, la comunità orientata all'assistenza dei poveri e dei migranti di Tong-du-cheong-si sono figlie di questo primo contatto con il mondo asiatico dei missionari della Consolata e aprono la presenza missionaria della Consolata in Corea al futuro che l'attende, verso le nozze d'oro.
Oggi, un matrimonio che dura 25 anni va già considerato come traguardo significativo, mentre io sto ancora aspettando di celebrare le mie nozze d'argento con l'Istituto missionario a cui appartengo e a cui mi sembra d'appartenere da una vita.
La festa di oggi a Seoul, unita, posticipandola di qualche giorno, a quella della Consolata, è stata in realtà un grande grazie per questa fedeltà alla missione durata ben 25 anni.
Dal gennaio 1988 (i primi quattro missionari arrivarono nel pieno dell'inverno coreano) ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti, sotto forma di volti, incontri, luoghi. La chiesa piena di gente, le parole fraterne del Vescovo di Incheon, Bonifacio, i tanti religiosi presenti sono la testimonianza di una presenza che ha avuto la sua traettoria e che rimane ben viva.
La casa per il dialogo interreligioso a Daejeong, la comunità orientata all'assistenza dei poveri e dei migranti di Tong-du-cheong-si sono figlie di questo primo contatto con il mondo asiatico dei missionari della Consolata e aprono la presenza missionaria della Consolata in Corea al futuro che l'attende, verso le nozze d'oro.
Senza scarpe
Uno dei riti coreani con cui il viaggiatore occidentale deve fare immediatamente i conti è quello delle scarpe. Non si entra in casa calzandole, ci si mette le pantofole. All'ingresso di ogni abitazione, ma anche, per esempio, di ristoranti, troneggiano i temibili armadietti scarpiera in cui lasciare le proprie calzature ed eventualmente munirsi di un paio di ciabatte. Nella propria camera, però, si lasciano fuori anche quelle: si entra a piedi nudi, o indossando le calze. La camera bisogna tenerla pulita, nullo di sporco vi entra attraverso le suole.
L'impatto per il visitatore, soprattutto se un po' distratto come il sottoscritto, non è dei più automatici; ci si dimentican sovente di togliersi le scarpe e, a volte, si fa un po' di resistenza. Innanzitutto, ad aprire il famoso armadietto, tesoriere di profumi orientali tra i più "speziati", ma anche perché tutto questo armeggiare intorno alle scarpe cozza con usi diversi come quelli a cui siamo abituati, in cui, al massimo, ci si mette le pantofole quando si rientra in casa, ma poi ci si ferma lì; guai, inoltre, far togliere le scarpe a un ospite. L'invitato può venire a cena carico di tutta la sozzura dei marciapiedi calpestati, ma mai e poi mai gli verranno fatte togliere le scarpe prima di accedere al salotto e sedersi a tavola.
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Il "mitico" armadietto |
L'impatto per il visitatore, soprattutto se un po' distratto come il sottoscritto, non è dei più automatici; ci si dimentican sovente di togliersi le scarpe e, a volte, si fa un po' di resistenza. Innanzitutto, ad aprire il famoso armadietto, tesoriere di profumi orientali tra i più "speziati", ma anche perché tutto questo armeggiare intorno alle scarpe cozza con usi diversi come quelli a cui siamo abituati, in cui, al massimo, ci si mette le pantofole quando si rientra in casa, ma poi ci si ferma lì; guai, inoltre, far togliere le scarpe a un ospite. L'invitato può venire a cena carico di tutta la sozzura dei marciapiedi calpestati, ma mai e poi mai gli verranno fatte togliere le scarpe prima di accedere al salotto e sedersi a tavola.
Questo per quanto riguarda le differenze culturali. Interessante, tuttavia, leggere questo rito come una metafora, della diversa sacralità dei luoghi, luoghi che sono anche territori dell'incontro con se stessi e con l'altro.
Ci sono spazi che vanno rispettati, dentro di me, come in chi mi è vicino. C'è uno spazio in cui io interagisco liberamente con ciò e chi mi circonda, ma vi sono spazi più intimi che meritano rispetto e cura differente: quello del mio focolare, del mio chiostro, e spazi ancora più privati, dove solo io posso accedere e camminare a piedi nudi. Questo vale anche per le relazioni con le altre persone, l'incontro con le quali ha diversi livelli di intimità e profondità, di attenzione e cura differenti. Dio solo sa quanto alto sia il rischio, in Asia, forse, più che altrove, di continuare a viaggiare im mezzo alla gente... e le scarpe non togliersele mai.
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